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Fabrizio De Andrè: “Conosceva e amava Napoli profondamente”

Venti anni fa moriva uno dei più grandi poeti contemporanei, un cantautore che si schierava a favore degli emarginati e della libertà. Fabrizio De Andrè, conosciuto anche come Faber, è stata un’anima necessaria in questo mondo e di cui ancora oggi ne avremmo ancora bisogno. Fabrizio Cristiano De Andrè nato in una città del Nord ma la più vicina al Sud, come Genova, aveva un’amore sviscerale nei confronti del capoluogo campano.

È un profondo legame quello che ha unito De Andrè a Napoli. A raccontarlo uno dei leader delle sue tribute band, Pietro Cesare, che spiega: “De André era un grande estimatore della canzone napoletana classica; la conosceva e l’amava profondamente. Se ne ritrovava innamorato e ammirato in particolar modo per Libero Bovio e Salvatore Di Giacomo”.

Fabrizio De Andrè: "Conosceva e amava Napoli profondamente"

Questo legame particolare, non a caso, arrivò al culmine con una delle canzoni di Fabrizio De Andrè: “Don Raffaè” tratta dall’album “Le nuvole” del 1990. Anche questa canzone fu occasione per lui di narrare la condizione in cui versavano le carceri italiane. Dove la noncuranza dello Stato consentiva ai boss di continuare a dettare legge e capeggiare i clan attraverso le sbarre. Chiaro il suo riferimento a Raffaele Cutolo, il fondatore della Nuova Camorra Organizzata; quando il boss ascoltò la canzone per la prima volta si narra avesse scritto proprio a De Andrè: “Come sei riuscito a descrivere così bene la mia condizioni?” continuando poi ad inviargli anche le proprie poesie scritte in carcere. Poi il rapporto epistolare si interruppe per ovvi motivi.

Nel Don Raffaè c’è Napoli nella sua più vivida, romantica e atroce essenza. Dalla bevanda del caffè che De Andrè amava alla figura del secondino che pur di ricevere un favore dal boss gli mostra la sua più totale devozione.

A proposito tengo ‘nu frate
Che da quindici anni sta disoccupato
Chill’ha fatto cinquanta concorsi
Novanta domande e duecento ricorsi
Voi che date conforto e lavoro
Eminenza, vi bacio, v’imploro
Chillo duorme co’ mamma e con me
Che crema d’Arabia ch’è chisto café

Il caffè si sorseggia mentre si dispiega la narrazione. Si evince così anche il riferimento a “Questi fantasmi“, opera di Eduardo De Filippo, in cui la bevanda citata si esalta quasi biblicamente. De Andrè stimava e amava le opere del drammaturgo partenopeo e infatti si dice che mentre lavorava, tra una pausa e l’altra, con il proprio walkman, amava ascoltare le opere di Eduardo assorbendone così tutta la bellezza e le sfumature.

L’amore verso Napoli e la napoletanità era così travolgente che Fabrizio De Andrè ne riuscì a cogliere ogni particella riuscendo anche ad assorbire l’accento e forme linguistiche.

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