‘O strummolo è un giochino andato in disuso ma del quale i bambini del ‘900, almeno fino agli anni ’60, ne andavano matti. Provate a chiedere agli adulti dalla classe ’40 in poi, o ancor prima, e vi diranno che insieme al gioco della “settimana” (o campana) era uno dei più amati passatempi.
Ma da dove deriva la parola strummolo?
In realtà, in italiano, lo strummolo è la trottola, artigianale però, e che in napoletano prese a chiamarsi in altro modo. Nonostante l’etimologia greca, da στρόμβος o strobilos στρόβιλος, cioè “mulinello” o “oggetto atto a ruotare“, è un gioco nato in Messico. È composto da un fuso, in genere di legno, con delle scalanature e culminante in un chiodo di metallo. Grazie all’utilizzo di un cordocino, con il quale veniva avvolto seguendo il diametro, con una piccola estremità non avvolta si lanciava per terra in modo che lo strummolo, o la trottola, prendesse a girare. Ovviamente avrebbe vinto chi in grado di far girare il giochino più a lungo. Inoltre, i bambini, per rendere più “pepato” il gioco, si dice che estraendo il chiodo infilassero all’interno insetti come mosche o anche “escrementi di cavallo”, con la scusa che girasse più veloce e più a lungo. Nell’ultimo caso si tratta sicuramente di una bravata o “scherzo puzzolente”.
Modi di dire
‘O strummolo non è era solo un giochino, è stato oggetto anche di ilarità. Entrando a far parte del linguaggio partenopeo vennero coniati anche determinati modi dire: “‘o spavo è curto e ‘o strummolo è a tiriteppola” (letteralmente: lo spago è corto e lo strummolo sbanda da tutte le parti), detto per intendere una combinazione inestricabile e irreparabile di cose che non funzionano. Un’altra è “vedimmo si è ‘o strummolo o ‘a funicella” (vediamo se è lo strummolo o la funicella), detto per intendere “cerchiamo di capire cos’è di preciso che non funziona”. L’espressione “paré ‘nu strummolo” (sembrare uno strummolo, uno sciocco) può essere un’amichevole o scherzosa canzonatura. Può anche essere adoperato per omofonia con ed al posto di “strùnz‘”.